paroleprecise

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29 novembre 2013

NASHVILLE


Le serie tv che arrivano su Sky (e talvolta su Rai e Mediaset) sono oramai infinite, e quasi tutte di buon livello. Ma ogni tanto ti imbatti in qualcosa di speciale, come la nuova serie della ABC “Nashville”, ogni lunedì su Sky Life.


Ambientata nella capitale della country music, Nashville appunto, la storia è costruita sulla rivalità tra due cantanti, Rayna Jaymes (Connie Britton, già in American Horror Story) e Juliette Barnes (Hayden Panettiere). Rayna è la star affermata, che vede la sua popolarità minata dalla nuova generazione, impersonata dalla viziata Juliette, l’astro nascente idolo dei social networks. E’ la storia eterna di Eva contro Eva, ma Rayna è ben decisa a non farsi scavalcare e mantenere fama e potere, mentre la giovane Juliette cerca comunque la sua strada tra la l’enorme popolarità, l’amore per la musica e il desiderio di lasciare il suo tragico passato alle spalle. E la competizione non è solo professionale ma le due lottano per lo stesso uomo, il chitarrista Deacon Claybourne già amante di Rayna, che entrambe vorrebbero per i loro tour.
Intorno il mondo dei club, di chi vuole sfondare e di chi non ce l’ha fatta, di giochi di potere e drammi familiari, e di droga pasticche miserie ed eccessi.

Quello che rende diversa la serie è innanzitutto la qualità della recitazione, sicuramente di alto livello, e della scrittura, che non scade mai nel tranello della banalità o del già visto, anche quando la mamma tossica della giovane star finisce in rehab o Rayna discute col padre potente politico “Tu non ci puoi comprare”. Frase sentita milioni di volte, eppure la Rayna che la pronuncia è talmente credibile, e talmente forte nel cercare un equilibrio tra l’appoggio alla famiglia e il suo mondo di country star, che il conflitto padre / figlia assume toni nuovi. Non a caso la serie è ideata e prodotta da Callie Khouri, la mente di "Thelma e Louise".
E poi c’è la musica, tanta, scritta magistralmente da T Bone Burnett, usata non come colonna sonora o siparietto stile “Glee” ma come parte integrante della scrittura e della narrazione. 

La Nashville un po’ naif di Robert Altman si è trasformata in una potente industria che ai tipici stivali texani affianca look studiatissimi e competizione sfrenata; cadute e risalite che vengono stritolate nel meccanismo cinico dello showbiz. Ma quello che resta e scalda il cuore è la passione per la musica, sono i giovani che cercano di sfondare e quelli che ancora galleggiano e che non scambierebbero con niente altro una session di prova o un’esibizione dal vivo, in piccoli club dove può capitare per caso il produttore giusto, o nelle sale lussuose per migliaia di paganti. L’importante è continuare ad accordare una chitarra, trovare il giusto sound per un pezzo ben scritto e mantenere sempre viva la voglia di suonare, e ben venga una buona serie tv a ricordarlo.

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